mercoledì 17 giugno 2020


Dopo l’ annuncio dell’ armistizio dell’ 8 Settembre 1943, 18  uomini, con in testa Franco Colombo (Alemagna, Asti, Beltramini, Bottini, Cappi, Carboni, Dalla Porta, Galbiati, i fratelli Bongi, i fratelli La Medica, Lo Po’, Mistetta, Nervi, Porcelli) riaprono la sede del PNF in Piazza San Sepolcro, alcuni giorni dopo, il 16 Settembre 1943, lo stesso Colombo fondò la prima squadra d’azione del ricostituito partito fascista intitolandola “Ettore Muti” primo nucleo di quella che nel Marzo 1944 sarebbe diventata L’ omonima “Legione Autonoma Muti” Fra le varie squadre d’ azione costituitesi all’ interno della federazione milanese del PNF la “Muti” assunse il compito di difendere la sede del partito in piazza San Sepolcro. Dopo l’ uccisione del Federale di Milano Aldo Resega avventa il 18 Dicembre 1943, la “Muti” svolse anche il compito di vigilanza dei luoghi strategici della città. La prima sede della “Muti” venne allestita in alcuni locali che davano su Via Zecca Vecchia. Il 19 febbraio 1944, a Ravenna,  un reparto con alla testa Colombo partecipò alla tumulazione nella tomba di famiglia, del corpo di Ettore Muti. Franco Colombo nato il 26 luglio 1899, fu uno dei ragazzi del 99, combattendo nella prima guerra mondiale, nella neonata aviazione come semplice soldato, nel 1920 entrò nella Squadra d’ Azione “Randaccio” partecipando alle lotte pre marcia su Roma. Nel 1925 venne nominato fiduciario del Gruppo Rionale “Montegani” fino a quando venne coinvolto in irregolarità amministrative e sospettato di essere coinvolto nell’ omicidio avvenuto nel 1926 dell’ ispettore Generale Stefano Gravaglia. Arrestato e processato Colombo venne assolto ma espulso dal partito, e licenziato dal posto di lavoro presso l’ Ente Enologico. Colombo fece quindi il rappresentante e nel 1930 sposò Angela Pasetti dalla quale ebbe una figlia Emma. Rimasto ai margini del partito Colombo ricomparve dopo il 25 Luglio 1943 organizzando una rete di resistenza fascista collegata ad Ettore Muti. Il SIM e i carabinieri, dopo aver ucciso Ettore Muti, compirono numerosi arresti,  Colombo pur ricercato riuscì ad evitare la cattura. 

24 SETTEMBRE 1943
LA PRIMA COMMEMORAZIONE FUNEBRE  IN SUFFRAGIO 
DI ETTORE MUTI DOPO LA COSTITUZIONE DELLA R.S.I.

Secondo le più recenti ricerche il numero documentato dei caduti fra gli arditi della Legione è di 314. Di questi solo 161 al 26 aprile incluso, data in cui tutti i reparti si arresero e consegnarono le armi. I restanti furono sommariamente fucilati e spesso anche assassinati nelle convulse giornate che seguirono la caduta della Repubblica Sociale Italiana. Tra il 1946 e il 1949 furono assassinati dalla Volante Rossa quattro arditi (Bruno Sestini, Giuseppe Celpa, Igino Mortari e Felice Ghisalberti). Felice Ghisalberti, assassinato il 27 gennaio 1949 fu l'ultimo caduto della Legione.


ELENCO PARZIALE
(dal libro Legione Autonoma Mobile "Ettore Muti" una documentazione)







LA STAMPA 22 GIUGNO 1944

 La morte di uno squadrista
“Verso le 13 di domenica 29 aprile 1945 (non del 28 come solitamente si riporta), i polsi assicurati dietro le spalle, legati con un fil di ferro, con la pioggerella che batte insistentemente, Colombo viene portato a Ganzo di Mezzegra, località scelta perché un anno prima qui furono fucilati sei partigiani, che avevano in precedenza colpito mortalmente quattro fascisti repubblicani. Alla domanda se ha bisogno dell’assistenza spirituale di un prete, risponde: “Non ho niente di cui pentirmi”. Lo sbattono con violenza contro il muro, in un angolo, vicino ad una pasticceria. I partigiani gli chiedono qual è l’ultimo pensiero che vuole esprimere. Colombo risponde in milanese: “Andate a cagare…Siete solo dei vigliacchi. Viva il duce !” . Il Comandante è fermo. Osserva con tranquillità negli occhi coloro che gli stanno per dare la morte. Ha le immagini dei suoi Arditi negli occhi della mente e nel cuor; sa già che molti di loro sono stati ferocemente uccisi, senza nessun rispetto della parola data….. Ora si ritrova con le spalle appoggiate al muro, pochi istanti di vita davanti, il fil di ferro legato ai polsi dietro le spalle, i mitra piantati in faccia, la pioggia che batte senza tregua. Così muore l’ultimo squadrista. E’ sereno, e guardandoli negli occhi, dice: “Femmdumàprest” (Fate solamente presto). Partono le prime scariche di mitra. Cade in ginocchio, poi un’altra raffica, si accascia definitivamente su un fianco. Il suo berretto nero, mentre il corpo cade a terra, gli rotola sul petto; i rivoli di sangue che sgorgano, copiosi, dalle ferite, lo coprono di sangue”
(Luca Fantini, “Gli ultimi fascisti, Franco Colombo e gli Arditi della Muti”, Città di Castello 2007)


Medaglia d' Oro Tenente Leo Bardi 
Tenente Leo Bardi della legione «Muti».Ardito di sicura fede, caduto prigioniero dei ribelli dopo un violento scontro, veniva sottoposto a giudizio e condannato a morte. Posto davanti al gagliardetto e a una bandiera rossa, baciava la fiamma della sua passione gridando « Viva il Duce ». Portato sul posto dell'esecuzione, gli veniva offerta salva la vita se avesse rinnegato la sua fede, ma egli respingeva sdegnosamente l'offerta e si disponeva per il supremo sacrificio davanti alla fossa da lui stesso scavata. Fatto segno ad una scarica a salve, veniva risparmiato e ricondotto in prigione. Dopo due giorni, ricondotto davanti al comandante del reparto dei ribelli, era ancora invitato a rinnegare la propria fede. Al nuovo e sdegnoso rifiuto veniva nuovamente portato sul posto dell'esecuzione, ma anche questa volta risparmiato nell'illusione di poterlo far ricredere. Per la terza volta invitato a baciare la bandiera rossa, le sputava contro e baciava il gagliardetto nero proclamando la sua indefettibile fede nel Duce e nell'Italia. Condotto per la terza volta all'esecuzione, veniva fucilato lasciando nei presenti viva, profonda commozione per tanta eroica fierezza e indomita fede. 


GIUGNO 1944 



IL FUNERALE DI GIUSEPPE RUGGERI VENTENNE, UCCISO CON L’ ARDITO ANTONIO TASCA,  ENTRAMBI  DELLA LEGIONE AUTONOMA ETTORE MUTI, SVOLTOSI A GRAGLIA . IL PADRE ACCOMPAGNA IL FERETRO DEL FIGLIO GIUSEPPE . I FUNERALI SI SVOLSERO UNA PRIMA VOLTA NELLA CHIESA DI MUZZANO, SULLA STRADA CHE PORTA AL SANTUARIO DI GRAGLIA  INSIEME AD ALTRI 4 O 5 CADUTI. POI A MILANO,  ALLA PRESENZA DEL COMANDANTE FRANCO COLOMBO, VENNE CELEBRATA UNA MESSA SOLENNE  CON MOLTE PIU’ BARE DI CADUTI. ANTONIO TASCA  CADDE PER PRIMO,  RUGGERI LO  SEGUIVA IN BICICLETTA, L’ AGGUATO AVVENNE DOPO UNA CURVA.  IL RUGGERI APPENA SENTITI GLI SPARI, LASCIO’ LA BICI E IMBRACCIATO IL MITRA CORSE IN SUO AIUTO. FU FREDDATO ALLE SPALLE. I PARTIGIANI SI ERANO APPOSTATI DIETRO  DELLE STERPAGLIE IN ATTESA DEL LORO PASSAGGIO.

RENZO ORIGGI

ARDITO DELLA “LEGIONE AUTONOMA MUTI” UCCISO 
A MONTEBELLO MONFERATO (AL) IL 19 NOVEMBRE 1944

DAL "REGIME FASCISTA" 8 APRILE 1944

LA TOMBA DI CARLO RIGAMONTI , DELLA “LEGIONE AUTONOMA MUTI” 
AL CAMPO 62 DEL CIMITERO DI MONZA, UCISO A SALLERET (AO) IL 30 MAGGIO 1944

Tratto dall’ opuscolo Monza - Campo 62 Innanzi tutto la Patria, raccontiamo la storia del sergente Plinio Angelo Figini del II Btg. Mobile“De Angeli”della L.A.M. Ettore Muti sepolto al campo dell’ onore di Monza caduto per mano di un imboscata partigiana. Plinio Angelo Figini, figlio di Giovanni e Luigia Rossi, nato a Paderno Dugnano il 17/09/1902, si sposò con Stella Rossi a Monza il 13/06/1936, e ivi risedeva in Via Castelli 3. Fu ucciso il 30/05/1944 in un’imboscata in Valle d’Aosta con i fratelli Rigamonti. Sempre sepolti a campo di Monza . Notizia dell’agguato è data dal foglio clandestino “Il Partigiano “che riporta questo passaggio: Valle d’Aosta - 29 maggio: una compagnia di Camice Nere muove da Castiglion Dora per esplorare la zona montana e rastrellare i nostri presidi. Appena il reparto repubblicano giunge a Torgnon viene attaccato da pattuglie volanti partigiane armate di mitra e bombe a mano. La compagnia di Camice Nere ripiega in tutta fretta verso il fondo valle lasciando sul terreno 10 morti. Lo stesso agguato è citato anche da Roberto Occhi. Una colonna accompagnata da una cinquantina di legionari accompagnata da muli, muove la mattina del 30 da Bard, in Valle d’Aosta, per risalire la Valle di Champorcher dove era stata segnalata la presenza di una formazione di ribelli guidata da un certo “Marius”. La colonna, preceduta da una pattuglia esplorante agli ordini del Sergente Plinio Figini, raggiunge in tarda mattina Salleret senza incidenti. Mentre la pattuglia esplorante inizia ma risalire i tornanti in direzione di Orel, cade in una imboscata nella quale l’intera squadra viene annientata: restano uccisi il Sergente Figini e gli Arditi Ernesto Arcaini, Giulio Giocondi, Pierino Pirola, Ernesto e Carlo Rigamonti, Ortone Turati; vengono invece catturati gli Arditi Antenore Gelmini e Oreste Vitali. A suo nome venne intitolata una compagnia della Muti che operava nel vercellese. I corpi del Figini, dei fratelli Rigamonti arrivarono da Milano (dalla Muti di via Rovello) per la sepoltura il 23/06/1944.

LA TOMBA DELL’ ARDITO GIUSEPPE RUGGERI , DELLA “LEGIONE AUTONOMA MUTI” 
AL CAMPO 62 DEL CIMITERO DI MONZA, UCCISO A GRAGLIA (VC) IL 8 GIUGNO 1944

Il personaggio che viene condotto al macello, e poi ucciso è Carlo Barzaghi, squadrista della “Muti”, al quale è stato attribuito il soprannome di “boia del Verzere”, facendone il responsabile di chissà quali nefandezze. In effetti, egli era solo l’autista (che non è proprio il massimo della “operatività”) del Comandante Franco Colombo, e fu catturato e giustiziato a Milano il 28 aprile. Con ogni probabilità, questo Barzaghi doveva essere un po’ spaccone e fanfarone…a suo carico non risulta, però, da nessuna parte, niente di veramente rilevante (uno o più omicidi gratuiti, una particolare efferatezza a danni di prigionieri, o altro) se non un certo bullismo di quartiere. E, quindi, non escluderei che proprio a qualche umiliato di ieri, abitante in quelle strade, dove si pavoneggiava armato e in divisa, sia da attribuire la responsabilità della sua morte, una piccola, tragica vendetta di vicinato. Un po’ poco direi…anche perché la morte è preceduta da inenarrabili sofferenze, delle quali è rimasta traccia ne “A cercar la bella morte” di Carlo Mazzantini, anch’egli detenuto nel carcere milanese in quei giorni, e che ebbe Barzaghi come compagno di cella:  “Lo spingevano giù per la scala, e lo colpivano da dietro: il ciack degli schiaffi e il rumore più fondo dei colpi più duri…Continuavano a picchiarlo fino in fondo alla scala e poi lì, sul pancito sporco, rannicchiato fra quei rottami rugginosi dove aveva
cercato rifugio. Con i piedi e i calci dei fucili pestavano quel corpo con una soddisfazione piena, elementare, senza curarsi delle sue grida. Ne arrivava qualcuno nuovo: “L’avete preso ? Dov’è ? Dov’è ? “. Si precipitava per le scale, gli si lanciava addosso: “Tieni, bastardo ! Tieni ! Il Buffalo Bill di Porta Vittoria ! Prendi carogna ! Andava in giro una pistola di qua e una di là: largo che passo io !”….Al buio lo sentivamo lamentare. Gemeva e raccontava, tirava su col naso: lui non aveva fatto niente, non aveva ammazzato nessuno, lo sapevano tutti. Ne chiamava qualcuno a nome: “Angiulin, Angiulin, ti te sa che mi non gho fatto niente! Lui lo sapeva quella sera che li avevano fermati la Brigata Nera che Angiulin era armato, lo sapeva ! “Mi ho garantisato, Angiulin ! Ho garantisato !” urlava sotto i colpi “Se te ciapava con la calibro nove in tasca te masava, te masava…”












L'elenco dei caduti della Muti nei primi due mesi di attività, pubblicato sul nr 3 (maggio 1944) di "Siam fatti così", il giornale della Legione. Varrà la pena di ricordare che la Muti ebbe circa 450 caduti/dispersi tra Ufficiali, Sottufficiali e Arditi, con una incidenza percentuale, cioè di oltre il 30% sulla forza mediamente presente...caso, credo, assolutamente unico. Il 60% di tali caduti data al periodo successivo al 25 aprile, per il noto motivo che, prima, la fuga del nemico rendeva sempre molto difficile sostenere combattimenti degni di questo nome con unità partigiane

25 marzo 1947
Articolo sull'Unità (organo ufficiale di stampa del Partito Comunista Italiano)
« Quando ieri mattina gli aguzzini della Muti sono entrati nella gabbia degli imputati, un grido si è levato dalla folla in attesa da alcune ore: "Assassini! A morte!". Ma gli assassini hanno rivolto uno sguardo sprezzante verso il pubblico, hanno alzato le spalle, qualcuno ha sorriso. »